La
storia
LA
PRIMA CAPPELLA
Non
si trova, all'origine del nostro Santuario, né un'apparizione di Maria,
né una sorgente d'acqua miracolosa, ma, con certezza, la radice profonda
della fede dei nostri padri e questo basta per rendercelo caro.
I Cerresi la chiamano ancora "Chiesa della Boretta",
perché la prima cappella, identificata nei documenti come "giesuolo
de la Madonna", fu costruita all'inizio del 1500 sopra un terreno
il cui proprietario si chiamava Boretta.
Un manoscritto, conservato nell'archivio parrocchiale,
c'informa che quel primo edificio era già molto malandato, quando, nel
marzo del 1596, un gruppo di uomini "mossi da buon spirito"
chiese al parroco di potersi riunire in una confraternita, allo scopo
di impiegare in opere religiose sia il tempo festivo che le proprietà
di ognuno. Il permesso fu accordato e fu per iniziativa di tale confraternita
che il 21 settembre del medesimo anno avvenne la cerimonia della posa
della prima pietra, benedetta dal parroco don Antonio Lupo, a fondamento
di una "giesa de la Madonna de la Concezione", di maggior
ampiezza rispetto alla precedente, ma di minori dimensioni rispetto
a quella attuale e senza campanile.
La chiesa fu aperta al culto tre anni dopo, proprio l'8
dicembre, festa liturgica dell'Immacolata e la confraternita religiosa,
dall'abito bianco e dalla mantellina azzurra, avrebbe costituito nei
secoli il principale organo gestore e finanziatore della chiesetta.
Essa, infatti, si adoperò ogni anno con impegno per solennizzare la
festa dell'Immacolata, programmando la predicazione della novena, la
celebrazione di una messa con i cantori e lo sparo dei mortaretti, di
sera, come chiusura della festa.
Il
16 giugno 1617, il cardinale Federico Borromeo (di cui parla anche il
Manzoni ne "I Promessi sposi") visitò la parrocchia di Cerro
e notò che la piccola chiesa era senza campanile; ordinò quindi, per
iscritto, di innalzarne subito uno. Passarono però ben trentasei anni
prima che venisse realizzato un carnpaniletto con una sola campana.
LA
STATUA della MADONNA

All'inizio
del Settecento, la statua della Madonna col Bambino, che appariva ai
visitatori con abiti di seta, secondo un'usanza che risaliva al secolo
precedente, si mostrava alquanto deteriorata. Così nel 1725, dopo lunghe
discussioni, l'attivo Capitolo della confraternita decise di affidare
ad un bravo intagliatore di Como, un certo Giovanni Battista Giarmaneli,
l'incarico di realizzare una nuova statua dell'Immacolata.
L'opera riuscì perfetta. Per la statua, il bravo scultore si
era certamente ispirato alla donna dell'Apocalisse "vestita di
sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici
stelle"(Ap. 12), cioè alla donna, insidiata dal drago, in cui da
sempre la Tradizione identifica la Vergine. L'artista però seppe rendere
la figura di Maria più materna aggiungendo la statua di Gesù Bambino,
tenuto per mano dalla madre. Il piccolo Gesù appare pronto a trafiggere
il drago, simbolo di Satana, con una freccia a forma di croce. La scultura
così ottenuta venne rifinita con una doratura che ebbe luogo a Milano
presso l'orefice Millefanti. Ne risultò una vera opera d'arte che soddisfece
tutti.
LA
PRIMA RICOSTRUZIONE
In seguito, la solerte confraternita prese un'altra importante decisione:
quella di costruire una nuova chiesa, di maggiore ampiezza. Subito acquistò
il terreno necessario ed il nobile Carlo Corneliani affidò il lavoro
di progettazione al noto architetto milanese Giovanni Angiolo Caslini,
già ideatore della nostra chiesa parrocchiale.
Sorse, così, l'attuale chiesa, a forma ottagonale con cupola,
capolavoro sì di stile barocco, ma sobrio ed elegante: un gioiello d'arte
incastonato fra le case di Cerro tra il 1758, anno della posa della
prima pietra, ed il 1774, anno dell'inaugurazione.
La chiesa, capace di contenere fino a 300 persone, risultò lunga 33
m., alta 16 m. e con una larghezza massima di 18 m.
Non fu dimenticato il campanile, questa volta a due campane, anche se
terminava solo all'altezza della cella campanaria.
Accurato fu lo studio dell'illuminazione naturale con l'apertura
di ampi finestroni, in un tempo in cui non esisteva ancora l'illuminazione
artificiale; risultò ottima anche l'acustica per l'organo, posto nella
cantoria sopra il portale d'entrata. Toccò al parroco don Dornenico
Vitelli l'onore di benedire la nuova chiesa, per delega del Card. Pozzobonelli.
ANNI
DI TRAVERSIE
Erano
trascorsi pochi anni dall'ultimazione dell'opera, quando l'editto austriaco
riguardante la soppressione delle confraternite religiose e l'incameramento
dei beni da parte dello Stato fece temere il peggio, cioè il passaggio
della chiesa Boretta al governo austriaco e la destinazione della stessa
ad uso profano.
Facendo appello ai più vivi sentimenti religiosi, l'allora parroco,
don Baldassare Taverna, e gli amministratori comunali, tra i quali i
nobili De Conturbia, seppero dimostrare, con uno scritto ai governanti,
che la chiesa era necessaria sia per la vita religiosa della parrocchia,
sia per essere una sede adeguata alle adunanze del Consiglio Comunale.
Per quella volta tutto andò per il meglio, o quasi, in quanto
la chiesa passò alle dipendenze del parroco, il quale, però, per pagare
i debiti, fu costretto a vendere l'organo della Boretta, per 775 lire,
alla chiesa parrocchiale di Gazzada, in provincia di Varese.

Purtroppo, in un'altra occasione, e precisamente nell'agosto 1848, non
ci fu lieto fine; non si riuscì, cioè, ad evitare la profanazione del
luogo sacro da parte delle truppe austriache, le quali, timorose di
un'insurrezione in provincia, simile a quella gloriosa delle Cinque
Giornate di Milano (marzo 1848), si erano stanziate anche nella nostra
zona.
Il motivo di tale occupazione è forse da ricercarsi nel fatto
che all'insurrezione milanese avevano partecipato, come dicevano le
cronache, alcuni Cerresi.
E' documentato che il cerrese Angelo De Angeli partecipò alla
Prima Guerra d'indipendenza nel 1848, prendendo parte alle battaglie
di Mozambano, di Mantova, di Verona e di Peschiera. Con lui vi erano:
Cerini Carlo, Donati Gian Maria, Gianazza Giuseppe, Lucchini Giacomo,
Mariani Angelo e Roveda Angelo. (Documento dell"Archivio Comunale)
DALLE
GUERRE D'INDIPENDENZA AI GIORNI NOSTRI....
Passarono alcuni anni e, terminata la seconda guerra d'indipendenza
(1859) con la cacciata degli Austriaci, i Lombardi si sentirono di nuovo
cittadini liberi nella propria Patria. Terminato il periodo di occupazione,
i Cerresi si preoccuparono di restaurare e rendere più bella "la
casa della Madonna" (così infatti molti anziani chiamavano significativamente
la chiesa della Boretta).
Accanto ad essa sorse l'abitazione per il cappellano, che ogni mattina
celebrava la messa nella chiesa adiacente. Nel 1874 il santo parroco
don Aquilino Marelli fece innalzare un solido e decoroso altare, con
tanto di balaustra, ad opera dello scultore Innocente Candiani di Milano.
Fece collocare, inoltre, le statue di San Carlo e di Sant'Ambrogio nelle
nicchie laterali.
E
arriviamo così alla storia del nostro secolo;
le opere dei parroci
Don Giovanni Oltolina
Nel
1932, don Giovanni Oltolina volle far rivestire l'interno della chiesa
di un'artistica decorazione, eseguita del legnanese Darvino Furrer.
Costui, nella volta della navata, rappresentò la gloria di Maria in
cielo, circondata da numerosi angeli in volo. Ai lati aggiunse quattro
medaglioni, entro i quali rappresentò: Ester, Giuditta, Susanna e Debora,
le coraggiose eroine dell'antico testamento, la cui fortezza, saggezza,
umiltà e bellezza ricordano alcuni aspetti di Maria, corredentrice del
popolo cristiano.
Il lavoro tanto piacque al parroco da fargli esclamare: "Come
si prega bene in questo santuario!"; e, come si vedrà, don Giovanni
Oltolina fu buon profeta. Durante la seconda guerra mondiale, la Madonna
della Boretta, insieme con il Santo Crocifisso di Cerro, fu nei pensieri,dei
nostri soldati e le sacre immagini "camminarono" con loro,
sui vari fronti di guerra: africano, greco, albanese e russo, com'è
testirnoniato dalle lettere conservate in parrocchia.
Don Vittorio Branca
Giunse poi a Cerro Maggiore don Vittorio Branca, un parroco geniale
e di tenace volontà. Egli, nel 1954, in occasione del centenario della
proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione, si assunse il compito
di rinnovare e di terminare, il campanile rimasto incompiuto dal 1774.
L'impresa cerrese Stevenazzi, dopo aver rafforzato
le fondamenta, costruì la cuspide a piramide quadrangolare, terminante
con una croce di ferro appoggiata su una sfera di rame. La cella campanaria
fu dotata di un concerto di cinque campane, ognuna delle quali fu dedicata
ad un aspetto della personalità di Maria: a Maria Regina, all'Immacolata,
al nome di Maria (dono dei cerresi chiamati Mario o Maria), a Maria
lavoratrice (dono degli operai e operaie cerresi) e Maria Regina del
Clero (dono del parroco per la sua messa d'argento). Esse cominciarono
a squillare festosamente per salutare Maria dalla terra cerrese.
Don Vittorio Branca, buon musicista e bravo compositore, pensò,
inoltre, di comprare dal parroco di Albusciago (Va) un organo dotato
di ben 651 canne e di collocarlo dietro l'altare. Invitò, quindi, i
giovani a celebrare le loro nozze in un ambiente raccolto presso l'altare
di Maria, colei che "lieta e generosa intervenne alle nozze di
Cana perché la gioia dei giovani non fosse turbata.
Alcuni anni dopo (1966), su richiesta dello stesso parroco, il
Card. Giovanni Colombo assegnò alla chiesa della Boretta il titolo di
"Santuario dell'Immacolata, privilegio accordato per "ragioni
storiche, di culto e di arte" e concesse anche l'indulgenza di
cinquecento giorni a chiunque, visitando il santuario, recitasse cinque
Ave Maria.
Don
Giuseppe Angiari
La costruzione del Santuario mostrava evidenti le ingiurie del tempo
e degli uomini, e nella mente del nostro parroco, don Giuseppe Angiari,
nacque nel 1990 l'audace idea di mettere mano ad un ampio ed organico
piano di restauro che abbracciasse l'intero edificio. I lavori ebbero
inizio nel 1991.
All'interno, nel presbiterio, venne attuata un'importante modifica,
comprendente l'arretramento dell'altare, in modo da farlo coincidere
con il centro della cupola absidale, e quello delle balaustre, allo
scopo di creare un luogo devozionale accogliente e ben circoscritto.
Allo scultore Maffeo Ferrari di Brescia è stato commissionato
un nuovo bellissimo altare, in marmo rosa del Portogallo, raffigurante
il momento dello spezzare del pane. Alla bravura dello stesso artista
sono state inoltre affidati il restauro del simulacro dell'Immacolata
ed il rifacimento degli angeli dorati, rubati nel 1987.
Si è provveduto a recuperare gli affreschi posti nelle
cappelle laterali, riportando alla luce alcune figure di santi. Sono
state ritoccate, inoltre, anche le grandiose tele del XVII. secolo,
quali "La pesca miracolosa", "La conversione di San Paolo"
e "La Sacra Famiglia e l'Eterno".
Sopra il portale d'ingresso è stata ripulita e rimessa a nuovo l'antica
balconata della cantoria, dove si intende sistemare l'organo, recentemente
restaurato dalla ditta Mascioni della Valcuvia, grazie al contributo
della sensibile Amministrazione Comunale di Cerro Maggiore. 
L'organo del Santuario, costruito nella prima metà dell'ottocento
(1848) da Eugenio Maroni Biroldi (Scuola Varesina) è racchiuso in una
cassa lignea con frontale a tre cuspidi intagliato da artigiani di Camnago
Lentate e decorato ad olio dal pittore fiorentino Vilasco.
Ora l'organo si presenta nel suo splendore estetico, tecnico
e fonico originale e, in particolare, l'accordatura e 'intonazione permetteranno
di sprigionare armonicamente la sonorità e il timbro delle sue voci,
grazie anche all'acustica favorita dalla forma ottagonale dei Santuario
e dalla cupola.
A lavori ultimati, possiamo affermare che il restauro della
Boretta è stato veramente impegnativo ed oneroso, portato avanti in
un cantiere aperto per quasi tre anni, sotto la direzione accurata dell'architetto
Maurizio Bertocchi e del geornetra Antonio Agrati.
L'opera ha finalmente restituito al nostro Santuario un volto dignitoso
che gli conferisce una maggiore spiritualità. Il restauro ha saputo
creare nel Santuario un'atmosfera luminosa, serena, come quella che
si respira. in casa della propria madre, e non a caso la Madonna è la
madre celeste di tutti noi.
Il nostro parroco, don Giuseppe, seguendo i sentimenti
del suo cuore e ben sapendo quanto il Santuario sia caro a tutti i Cerresi,
ha pensato di onorare Maria in modo particolare, offrendole un serto
d'oro per incoronarla con dono prezioso Regina degli angeli, Regina
dei veri cristiani, Regina del clero e Regina della pace.
ALCUNE INFORMAZIONI D'ARTE
Tutto quello che vi era di artistico, che nel tempo si era deteriorato,
sotto le mani degli esperti è stato rimesso a nuovo: ogni quadro, ogni
affresco, ogni statua ha una sua luce e un suo delicato colore.
Intorno alla nicchia di San Carlo è stata riportata alla luce una struttura
architettonica in finto marmo con ai lati sant'Alessandro e Santa Caterina
da Siena.
Purtroppo sul lato opposto si vede che la nicchia di Sant'Ambrogio
è stata ricavata nel 1874, distruggendo il centro di una decorazione
che rappresenta in alto una beIla Trinità con Maria e ai lati San Filippo
Neri e San Luigi.
La sorpresa maggiore è l'affresco a calce ai piedi della
statua di Sant'Ambrogio;un'affresco che rappresenta un'Addolorata databile
intorno al 1500, che dovrebbe essere la più antica effige di Maria venerata
a Cerro, se non fosse per la sua presenza alquanto misteriosa.
Secondo il parere degli esperti, l'affresco risale al XVI
secolo per i seguenti motivi: la veste rossa a pieghe dell'Addolorata,
l'accurata anatomia dei corpo di Cristo, lo sfondo che rappresenta una
città fortificata di tipo medioevale. A parte questi aspetti, altri
vanno tenuti presenti, quali la bellezza del volto di Maria nonostante
sia rigato di lacrime e la serenità del volto di Cristo composto nella
morte. Il corpo di Gesù porta una decorazione a sangue e giace sopra
un sudario che è il medesimo manto blu di Maria.
Cerro, anche nell'arte, unisce la sua piccola storia a quella grande
dell'arte medioevale, a quella del Rinascimento con il Crocefisso del
Lanino, a quella barocca delle sue chiese maggiori.
"Maria riempie di gioia e di luce gli occhi ed il cuore dei fedeli
che entrano nella sua casa e ricolma di grazie tutti coloro
che hanno contribuito al grandioso restauro del Santuario che onora
il nostro paese".
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